Non tutti hanno la fortuna di incontrare sulla loro strada un animologo che sani le ferite dello spirito, ma vi assicuro che dopo aver letto il romanzo di Antonia De Francesco potrete dire, come me, di esservi immedesimati nelle storie di Levante e Giorgio, che indubbiamente riusciranno a guarire ogni vostro singolo graffio dell’anima. L’Animologo (edito dalla casa editrice Giovane Holden) è, infatti, il titolo del romanzo nel quale avrete il piacere di conoscere questi due personaggi.
Giorgio e Levante sono segnati da due storie personali molto delicate e con il loro bagaglio di trascorsi, i due intersecano le loro vicende attraverso un meccanismo indubbiamente causale, guarendosi l’un l’altro. Giorgio e Levante sono due entità impossibili da scindere dopo aver letto L’Animologo e rappresentano l’uno il completamento dell’altro.

Non c’è un modo giusto per leggere il romanzo di Antonia De Francesco, giovane autrice originaria della città di Formia, alla sua seconda fatica dopo Nelle pagine di Sofia: il romanzo richiede semplicemente una mente libera e sgombra da ogni giudizio: il resto viene da sé.
Giorgio, che non è mai riuscito ad instaurare un vero e proprio rapporto di condivisione con il padre, è un giovane ragazzo tormentato dalla perdita improvvisa della madre. Afflitto dalla perdita, tenta il suicidio e viene ricoverato in un ospedale dal quale, dopo un lungo percorso di catarsi, uscirà completamente guarito, non di certo grazie ai farmaci. Proprio qui, infatti, avviene l’incontro per lui salvifico: Levante, un anziano signore suo compagno di stanza, che nel libro non dice nemmeno una parola. L’unico intervento che lo vede protagonista sarà quello di porgere un plico di lettere al giovane Giorgio, il quale incuriosito inizierà a leggerle. Presto si renderà conto che si tratta di lettere personali di Levante, scritte in tempo di guerra, quando lui era prigioniero in una terra straniera, lontano dagli affetti e dalla famiglia e in uno stato di sofferenza e solitudine estrema. Ognuna di queste lettere è indirizzata alla sua cara mamma.
Ripercorrendo la vita e le sofferenze di Levante, Giorgio affronta un percorso di purificazione personale, attraverso il quale riuscirà a liberarsi del suo dolore: Levante diventa così il guaritore delle ferite presenti nell’animo di Giorgio. Sarà, dunque, il suo animologo.
Giorgio non può trascurare questa sua rinascita e decide, dunque, di elaborare un manoscritto, che successivamente consegnerà al padre. Questo permetterà ai due uomini di conoscersi a fondo e al padre del protagonista di affrontare un viaggio nell’intimo di questo figlio fino ad ora così ermetico ed enigmatico. Ed è proprio attraverso questo manoscritto che anche il lettore entra nel profondo della psiche del personaggio, entrando in contatto più profondamente sia con Giorgio che con Levante, sentendoli quasi come una parte del proprio essere.
Sebbene il manoscritto permetta di scavare a fondo nell’anima di Giorgio, il personaggio resta comunque sfuggente proprio per permettere al lettore di vivere il suo percorso come se fosse il proprio. Ciò che resta comunque un punto focale all’interno della vicenda è la relazione tra il malessere di Giorgio e le lettere di Levante. Come sostiene la stessa autrice, Levante cerca di stimolare la riflessione nel suo giovane compagno di stanza di modo che il ragazzo possa ristabilire una scala di valori ricollocando i rapporti e convincendosi del fatto che questi finiscono solo fisicamente, e che la morte o (nel caso di Levante) la guerra e la lontananza non interrompono realmente quando sono veri.
L’Animologo è un romanzo che ci spinge a credere fortemente nell’essere umano e nei rapporti che possono instaurarsi anche attraverso un semplice silenzio perchè, citando le parole della stessa autrice:
Spesso non importa chi, ma a volte la magia sta nel come.
Lucia Giannini per MIfacciodiCultura