
«Ora che ti ho detto tutto, cosa mi consigli?» – «Mah guarda, sinceramente è capitato anche a me, nello specifico mi è successo che…». Bene, questa non per forza si chiama sintonizzazione, parlare di sé per rispondere all’altro può essere utile eppure spesso capita che si tenda a prevalere sul problem talker, ovvero chi espone un problema, piuttosto che tentare di immedesimarsi nell’altro e fornire una soluzione in congruenza con i suoi stili. In una situazione salutare di equilibrio, c’è qualcuno che presenta un discorso e un ascoltatore (recipient talk) che deve fornire un feedback di risposta.
La sintonizzazione reciproca viene a configurarsi quando è presente un’aspettativa condivisa dei due soggetti rispetto all’interazione in atto. Il rispetto o la violazione della sintonizzazione hanno ripercussioni importanti ai fini dello svolgimento dell’interazione comunicativa: per porre inizio e fine al flusso, per regolarlo, per finalizzarlo alla condivisione di porzioni di significato. Bisogna anche considerare che, senza un accenno di disposizione ad aprirsi verso l’altro, è difficile condividere pensieri importanti e significativi e tanto più sarà complicato dar vita a qualcosa di concreto costruito insieme (artefatti di qualsiasi tipo). Diversi studiosi, a livello multidisciplinare, hanno cercato di mettersi “nei panni dell’altro” al fine di comprendere cosa accada su più livelli in un processo comunicativo.
In realtà, la sintonizzazione è semplice da osservare, almeno in alcuni suoi aspetti:
- coordinazione dei movimenti ripetendo involontariamente quelli dell’altro
- coregolazione a livello discorsivo (si rispetta il flusso del discorso altrui senza sovrapporvisi, rispettandone le pause e intervenendo quando è il proprio turno)
- simulazione, concreta e mentale, dei pensieri (empatia) e delle azioni dell’altro significativo
- imitazione consapevole degli atteggiamenti altrui, che diventano sempre più familiari
- consapevolezza di aver creato un legame affettivo con l’altro, una WE unione del ME e del YOU (Daniel J. Siegel)
Secondo Siegel, si parla proprio di sintonizzazione affettiva quando si viene a creare una vera e propria danza tra menti interattive, su due dimensioni:
Il lato fisico, che implica la capacità di prestare attenzione non solo alla dimensione verbale, ma a tutti quei segnali non verbali, come il contatto visivo, l’espressione del volto, il tono della voce, la postura, i movimenti del corpo, i tempi e l’intensità delle risposte, e il lato soggettivo, ossia la risonanza che questi segnali hanno in noi e che permettono di vedere profondamente il nostro interlocutore e di offrire a lui l’esperienza di “sentirsi sentito”.
Una scoperta interessante riguardo alla sintonizzazione è stata fatta da Gallese, che 1996 osservò nelle scimmie il meccanismo dei neuroni mirror, i quali si attivavano quando notavano in altre scimmie delle sequenze di movimenti uguali alle proprie. I neuroni specchio permettono inoltre di provare soddisfazione edonica (conseguimento del piacere) ma implicano anche un soddisfacimento eudaimonico, che riguarda dunque una felicità più completa, che riguarda il soggetto e il conseguimento di obiettivi quale essere umano e in inter-regolazione continua con la natura e i suoi abitanti. Nello specifico, questi si attivano sia quando un soggetto vive un’esperienza piacevole sia quando osserva un altro vivere intensamente qualcosa; se poi a provocare piacere all’altro siamo noi, i neuroni mirror si attivano provocando piacere, evidenziando l’importanza della condivisione con gli altri e della sintonizzazione per un maggior livello di benessere.
Il nostro sistema nervoso è costruito per agganciarsi a quello degli altri esseri umani, in modo che possiamo fare esperienza degli altri come se ci trovassimo nella loro stessa pelle.
Stern, 2005

Per sintonizzarsi con gli altri, però, è necessario cercare di avere un dialogo con se stessi che permetta di osservare criticamente quali siano i punti di forza e quali quelli su cui lavorare. Riconoscere di non essere invincibili e ammettere che non si può che migliorarsi continuamente, è il primo passo per una miglior comprensione di sè, in un atteggiamento non giudicante e propositivo. Si è sempre costantemente in rapporto diretto con la propria persona, subissata da pensieri e sentimenti e ragionamenti e idee, e contemporaneamente si cresce, si perde, si è felici, si vive con altri significativi, in un percorso che si crea giorno per giorno in continua e incessante evoluzione. La sintonizzazione onesta e comprensiva con sé e l’apertura verso gli altri sono le basi necessarie per un’esistenza appagante per chiunque.
Isabella Garanzini per MIfacciodiCultura